INFORMAZIONI TECNICHE SULLE REATTANZE INDUTTIVE
Quando attraverso un conduttore passa corrente elettrica, attorno ad esso si genera un campo magnetico.
Questo fenomeno si chiama elettromagnetismo. Il campo magnetico agisce sull’orientamento degli elettroni all’interno degli atomi, provocando tra gli atomi la comparsa di una forza fisica. Questa forza fisica può agire a distanza anche attraverso lo spazio vuoto. Il campo magnetico può essere misurato in due modi:
- Come forza o concentrazione in un determinato punto (f.m.m.= forza magnetomotrice e si misura in amperspire)
- Come flusso magnetico che è la quantità di campo magnetico nello spazio (simbolo Ø e unità di misura Weber.)
Il valore del flusso di campo magnetico è direttamente proporzionale al valore della forza magnetomotrice che lo genera.
Il flusso del campo magnetico fa affidamento su un certo valore di inerzia per accumularsi negli elettroni che transitano nel conduttore che genera il campo e gli induttori (reattanze induttive) sono progettati per trarre vantaggio da questo fenomeno.
Vale a dire che il campo magnetico che circonda un induttore aumenta quando la corrente che lo attraversa aumenta e diminuisce quando la corrente diminuisce, ma in virtù dell’energia cinetica degli elettroni in movimento, si ha un fenomeno di accumulo. Questo fenomeno provoca una resistenza al passaggio delle corrente in aumento e viceversa agisce come un generatore quando la corrente diminuisce.
La caratteristica di un induttore di accumulare energia sotto forma di campo magnetico, è chiamata induttanza L la cui unità di misura è (henry). Gli induttori vengono comunemente chiamati reattanze induttive o più semplicemente induttanze e nelle applicazioni ad alta potenza vengono talvolta chiamati reattori.
Dando forma di bobina all’induttanza, si genera un campo magnetico più intenso e introducendo un nucleo solido fatto di particolari materiali si aumenta ulteriormente l’intensità del campo magnetico. I fattori che influenzano il valore dell’induttanza sono il numero di spire della bobina e la permeabilità magnetica del nucleo.
Permeabilità (simbolo µ e unità tesla x metri//amperspire) è un termine utilizzato per quantificare l’attitudine di un materiale a lasciarsi magnetizzare. Un nucleo di aria ha permeabilità uguale 1 (uno) mentre un nucleo di ferro dolce ha permeabilità 600 volte superiore (i valori sono approssimativi).
L’intensità di campo magnetico è la misura della forza del campo magnetico (f.m.m.) distribuita sulla lunghezza di un elettromagnete(simbolo H e unità di misura amperspira/metro) e talvolta ci si riferisce ad essa con il nome di forza magnetizzante. L’intensità di campo magnetico, determina la densità di flusso magnetico (induzione B e unità tesla).
H viene ottenuta conoscendo la- f.m.m.- e dividendola per la lunghezza del materiale, mentre B viene ottenuto dividendo il flusso totale Ø per la sezione trasversale del materiale. Riportando in un grafico l’andamento di B in funzione di H è possibile ottenere una curva di magnetizzazione normale (detta anche curva B-H) per ogni specifico materiale. Nella Fig.1 sono mostrate due curve di magnetizzazione di due diversi tipi di acciaio al silicio.
Ci sono due importanti caratteristiche che vengono messe in luce dalla curva quando l’intensità di campo H prima aumenta e poi diminuisce (oppure viceversa), la curva cambia forma e mostra una isteresi , e quando si avvicina alla massima intensità di campo la curva tende ad appiattirsi perché, più il flusso si affolla nella sezione trasversale, meno elettroni rimangono in grado di essere allineati. Ci si riferisce a questo appiattimento con il nome di saturazione.
I progettisti di induttori cercano di minimizzare questo effetto selezionando un nucleo tale per cui la densità di flusso B non si avvicini mai ai livelli di saturazione e l’induttore lavori in una porzione lineare della curva B-H
In fig. 2 si evidenziano dei cicli B-H misurati con una densità di flusso (modulata con una sinusoide a 50Hz.) che va da 0,3 a 1,7 TESLA (Weber/mq). Il materiale è lamierino acciaio silicio convenzionale a granuli orientati. Br sta ad indicare l’iduzione residua , Hc viene detto campo coercitivo. Induzioni maggiori di 1,8 T non vengono utilizzate perché i nuclei entrerebbero in saturazione. Per ottenere un valore di induttanza relativamente costante, si tende a lavorare con valori di induzione (densità di flusso) compresi tra 0,8 e 1,4 T.
La presenza nel nucleo di traferri, aumenta il valore della resistenza al flusso magnetico e consente agli induttori di essere utilizzati con correnti più elevate senza andare in saturazione. Idealmente questi traferri dovrebbero trovarsi all’interno degli avvolgimenti per ridurre al minimo i campi di dispersione. Quando possibile è meglio quindi avere più traferri piccoli che uno grande, in modo da ridurre i flussi dispersi e con essi le perdite aggiuntive che generano calore.
L’impiego delle apparecchiature elettriche ed elettroniche è in rapida crescita e ciò comporta che un numero sempre maggiore nei settori dell’energia, del controllo e dell’elaborazione dati vengano messi in prossimità l’uno con l’altro influenzandosi reciprocamente durante il servizio.
Per un funzionamento privo di anomalie devono tuttavia sussistere condizioni di compatibilità elettromagnetica, cioè di un ambiente elettromagnetico in cui un apparecchio deve avere la possibilità di funzionare in modo soddisfacente senza causare disturbi che risulterebbero inaccettabili ad altri.
I disturbi elettromagnetici possono causare diversi malfunzionamenti spesso oltretutto, non facilmente diagnosticabili.
Tali disturbi provocano crepitii e fruscii nei radioricevitori, errori dati e blocco dei processori nei sistemi computerizzati fino alla perforazione degli isolanti.
Le reattanze induttive di linea vengono utilizzate come elementi passivi per ridurre le armoniche e il carico sulla rete dove ci siano, convertitori di vario tipo, alimentatori a corrente continua e nella produzione di energie alternative. Fig 3
Una reattanza induttiva di linea alleggerisce la rete di alimentazione compensando la potenza reattiva delle armoniche. Gli impulsi di valore elevato di corrente causati dal funzionamento dei raddrizzatori, vengono attenuati di oltre il 60%. Le reattanze induttive limitano, oltre ai picchi di corrente, anche i buchi di tensione. Questi disturbi vengono provocati da processi di commutazione e da scariche verso terra.
Le reattanze di commutazione devono essere impiegate con driver a SCR (tiristori). Non è ammesso l’impiego del solo filtro.
EMC, senza la reattanza di linea. Viceversa è possibile l’impiego della sola reattanza anche senza filtro EMC. Le applicazioni pratiche dimostrano che, con driver SRC, l’uso delle sole reattanze da ottimi risultati specie in ambienti industriali.
Le tipologie delle reattanze richieste, sono indicate nei manuali dei convertitori. Nel caso di applicazioni con reti di tensione/frequenza diversa, si possono applicare le formule di dimensionamento indicate sempre nei manuali stessi.
Le induttanze di linea devono essere interposte tra il filtro EMC ed il driver. Il filtro EMC non deve essere mai interposto tra le reattanze ed il driver.
Se esiste un trasformatore/autotrasformatore di adattamento, il filtro EMC in genere è sempre a monte, dalla parte della rete. Se viene inserito a valle, deve poi seguire la relativa reattanza.
Senza reattanza di linea
Con reattanza di linea 1%
Con reattanza di linea 2%
Con reattanza di linea 4%
La tensione di ingresso ha disturbi ad alta frequenza sovrapposti che giungono alla rete.
La corrente ha picchi elevati e brevi periodi di conduzione.
Con l’inserimento di una reattanza con impedenza di ingresso che crei una caduta di tensione dal 1 al 4% del valore nominale di linea, la tensione rimane invariata, ma il valore massimo della corrente si è ridotto del 40—60%. La componente armonica è diminuita e la potenza reattiva è decisamente più piccola.
Le nostre reattanze induttive di linea, sono progettate per bloccare tutte le armoniche e per consentire alla frequenza fondamentale di passare. Ciò si ottiene perché l’impedenza induttiva cresce con l’aumentare della frequenza.
Tanto maggiore è il valore dell’induttanza, tanto maggiore è il valore della tensione di corto circuito (differenza di tensione tra induttore con carico e senza carico) e tanto più elevato è il livello di attenuazione delle armoniche che viene raggiunto. L’impedenza di ingresso di una reattanza viene espressa come caduta di tensione percentuale e normalmente un induttore ha un valore pari al 2% —– 4% , ma altri valori possono essere utilizzati a seconda delle circostanze.
Vantaggi offerti dal montaggio di una reattanza induttiva di linea.
Dall’analisi dei fenomeni fin qui elencati, possiamo affermare che il picco di corrente molto elevato, al momento della massima tensione, dovuto al funzionamento dei circuiti rettificatori, viene attenuato dall’induttanza di linea addizionale fino al 40%.
Viene così minimizzata la deformazione della tensione di rete da tensione sinusoidale a tensione trapezoidale. Una reattanza di linea scarica la rete, compensando la corrente reattiva delle armoniche. Si ha quindi un’elevazione del fattore di potenza (influenzato dalle armoniche e da non confondersi con il Cosfi, rapporto di sfasamento tra tensione e corrente) a valori non inferiore a 0,9 .
La reattanza di linea limita inoltre i disturbi che compaiono in rete quali brusche variazioni di tensione e picchi di corrente, che possono comparire di tanto in tanto nella rete di alimentazione. Questi fenomeni vengono provocati da operazioni di inserzione e da scariche verso terra così come da processi transitori di avviamento nella rete di alimentazione .
Le reattanze induttive di uscita convenzionali hanno un’ottima capacità di accumulo e prolungano il tempo di vita del motore. Riducono la pendenza del fronte di salita dv/dt verso terra e fra le fasi, riducono la rumorosità del motore, livellano la corrente.
Agiscono come induttanza propria in serie e livellano sia la corrente attiva simmetrica, sia la corrente di disturbo asimmetrica.
La velocità di salita della tensione viene limitata a meno di 500 V/microsec. I picchi di tensione conduttore–conduttore ai morsetti del motore sono inferiori a 1000 V.
Questa soluzione attenua molto bene anche i disturbi condotti nel campo di frequenze inferiori. L’irradiazione elettromagnetica della linea di alimentazione, viene attenuata in modo sostanziale. Vengono ridotte le perdite e le rumorosità tipiche del pacco ferromagnetico del motore causate dalle armoniche.
Nei diagrammi sotto riportati, vengono mostrati i salti di tensione dovuti alla modulazione a larghezza di impulsi. Con le reattanze induttive per motori, il valore massimo della tensione e la velocità di salita della tensione, risultano chiaramente inferiori. In questo modo viene protetto l’isolamento del motore.
Per un corretto dimensionamento di questo tipo di reattanze, è importante conoscere oltre ai dati di targa, anche la frequenza di modulazione (PWM) e la percentuale delle increspature (ripple) rispetto al valore nominale.